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Vivek Ramaswamy ha dovuto affrontare critiche interne al suo stesso partito per il suo messaggio su Israele, ed è probabile che affronterà ulteriori critiche da parte dei suoi colleghi candidati repubblicani nel dibattito della prossima settimana. Quando si parla della guerra tra Israele e Hamas, ci sono tre messaggi di Vivek Ramaswamy. C’è quello che dà a un pubblico prevalentemente ebraico, come ha fatto sabato a Las Vegas al Summit della Coalizione Ebraica Repubblicana: che la nazione di Israele è forte e non ha bisogno degli Stati Uniti per difendersi. C’è quello che pronuncia durante la campagna elettorale, in cui ricorda agli americani che Israele "non è il nostro 51esimo stato" e sottolinea che un attacco a Israele non è la stessa cosa di un attacco agli Stati Uniti. E poi c’è il messaggio che usa di più con parsimonia, come ha fatto in un’intervista in cui sostiene che reprimere le proteste filo-palestinesi nei campus universitari è una violazione del Primo Emendamento e che anche l’incitamento all’odio è libertà di parola.
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